Ci sono storie che appassionano e che rendono particolare il percorso storico di un paese. Collegata alla cappella dell’ Annunziata, che sorge accanto al Palazzo Carafa, era la congrega di Carità dell’Opera Pia della SS. Annunziata. Verso la fine del 1800, da Castelmauro, si trasferì a Jelsi l’insegnante elementare signorina Di Capita Nicolina, originaria di Vastogirardi (IS), figlia dello scultore Pasquale Di Capita e zia di Giuseppina Di Capita, moglie di Paolo Palange (z’ Paulucce P’riglie). Iniziò la sua attività didattica in una stanza sotto il “cimiterio”, poi si trasferì nel palazzo Capozio-Sangiovanni (attuale albergo “Antichi sapori”). Dedicò la sua vita per il bene di tutti i bambini, in special modo per i più bisognosi. Quando il 10 settembre del 1915 venne istituito dal consiglio comunale di Jelsi l’asilo infantile, con l’intervento del Regio Ispettore scolastico Cav. Di Mattia, la Di Capita, pensionata della scuola elementare (il suo posto lo prese la maestra “ donna titina ” Mignogna), pensò bene di versare un congruo contributo (lire16.000 sedicimila lire) per il buon funzionamento dello stesso. Questa importante istituzione fu retta in un primo tempo dalla Di Capita Nicolina; in seguito, dal 1917 al 1924 operarono le suore “Figlie del Sacro Cuore”con l’ausilio sia della suddetta maestra Nicolina, sia dalla giovane nipote di quest’ultima, Annunziata Di Capita (z’ Nunziatina, che in molti ricorderanno), maestra d’asilo. La maestra Annunziata resse l’asilo dal 1924 alla fine degli anni 40 affrontando non pochi ostacoli più avanti descritti. L’istituzione ebbe la sede presso il palazzo Capozio-Sangiovanni fino al 1925; poi passò ne l l ’Annunziata ( locale piano-terra) che la Congrega di Carità diede in enfiteusi perpetua all’Arciprete Don Michele D’Amico. Le insegnanti Di Capita, animate da spirito caritatevole e da un profondo amore per i bambini, si prodigavano per alleviare il lavoro dei genitori dei bambini, in maggioranza contadini, che prima di raggiungere i campi “depositavano” i propri figli nelle loro mani fino al calar del sole, e per educarli, istruirli e prepararli alla Prima Comunione. Il numero dei piccoli aumentava e si avvertiva la necessità di avere maggiori spazi. E così, affrontando ulteriori sacrifici, le maestre Di Capita impegnarono una seconda cospicua somma (£.20.000 - ventimila lire) per realizzare la sopraelevazione dellostabile; lavori che vennero effettuati dal mastro murator e Venditti Giovanni (z’Giuanne u iammatesar’), i l quale , durante l’esecuzione dei lavori, si infortunò seriamente. Purtroppo, malgrado i lavori eseguiti, i locali non possedevano i requisiti richiesti per la sicurezza ( scala esterna ) e per l’igiene (mancava il pozzonero). Il 5 giugno 1929 si ebbe la visita del Regio Provveditore agli studi per il Molise, il quale, dopo numerose sollecitazioni inviate al Prefetto di Campobasso e all’Amministrazione Comunale di Jelsi per intervenire in merito, decretò la chiusura dell’Asilo. I bambini non potevano assolutamente essere messi “alla porta”, così le maestre Di Capita , assumendosene la responsabilità, li accoglievano in “casa” (l’Annunziata). Intanto la maestra Annunziata, visto il lassismo delle Istituzioni locali e considerato quanti sacrifici (anche economici) fatti, inviò istanze di richiesta contributi al Duce Mussolini, in data 24 ottobre 1929, a sua Altezza Reale il Principe di Piemonte, in data novembre 1929 e al Prefetto di Campobasso (da quest’ultimo vi si recò di persona più volte). Malgrado le risposte del Duce e del Principe Reale, i quali interessarono la Prefettura, la questione non venne risolta. (A tal proposito: tra i vari documenti trovati, vi sono alcuni comprovanti una palese litigiosità tra componenti i vari Enti!?!). La maestra Annunziata rimase senza stipendio ma con il lavoro di prima: i bambini non li abbandonò. Nel 1939 le venne a mancare anche la zia ormai novantenne, la quale, prima di spirare, ribadì, davanti ai parenti, la volontà di lasciare l’Annunziata alla Chiesa Madre (credendo fosse di sua proprietà? Documenti non sono stati trovati). Rimasta sola, la nipote non si scoraggiò e proseguì nel suo lavoro sostenendosi anche con l’arte del ricamo e della lavorazione al “tombolo”, in cui era impareggiabile. Queste poche righe vogliono testimoniare un doveroso ricordo di chi nell’umiltà e nella semplicità ha contribuito alla crescita morale, religiosa e culturale di tanti bambini di Jelsi e un ancora più doveroso ringraziamento. Alle due insegnanti Di Capita si accomunano tutti coloro che con lo stesso spirito abnegativo si sono dedicati e prodigati per la stessa causa.